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Vittorio Feltri

Spregiudicatezze editoriali

Vittorio Feltri

Giornalista italiano tra i più discussi, famoso per la sua spregiudicatezza, ma anche per aver collezionato diversi successi alla guida di testate nazionali, Vittorio Feltri nasce a Bergamo, il 25 giugno del 1943. Stando ad una sua pubblicazione, tra le sue prime occupazioni, all'età di quattordici anni, nel 1957, ci sarebbe stata anche quella di fattorino presso una cristalleria bergamasca. In questi anni infatti, prima di sposare la carriera giornalistica, Vittorio Feltri si dà da fare in alcuni lavoretti, come quella di collaboratore presso un manicomio lombardo. A diciannove anni però, la svolta. È il 1962 quando il futuro direttore de "Il Giornale" e "Libero" comincia a scrivere con "L'Eco di Bergamo", storica testata della Lombardia. A lui, l'incarico di eseguire recensioni cinematografiche. In questi anni, vince un concorso in un ente pubblico ma la vocazione giornalistica lo porta a dare le dimissioni, per trasferirsi a Milano. Sono gli anni del praticantato, che compie al quotidiano "La Notte".


Nel 1974 Gino Palumbo lo vuole al "Corriere d'Informazione", che fa parte dello stesso gruppo del "Corriere della Sera" e per cui comincia a lavorare nel 1977, sotto la direzione del giornalista Piero Ottone. Sei anni dopo, per una breve parentesi, assume la direzione di "Bergamo Oggi", nel 1983. L'anno dopo però, il nuovo direttore Piero Ostellino lo rivuole al "Corriere della Sera", per cui lavora fino al 1989. È, questo, un anno molto importante per Vittorio Feltri, che segna il primo di una serie importante di avventure editoriali andate a buon fine. Il settimanale "L'Europeo" infatti, lo vuole come direttore, per provare un rilancio editoriale in grado di contrastare l'ascesa de "L'Espresso", di idee opposte a quelle da sempre professate da Feltri. Il settimanale, con lui alla guida, passa da 78.000 a 140.000 copie. L'avventura dura fino al 1992 ed è segnata da successi, scoop più o meno rilevanti e, anche, accuse di scorrettezza da parte della concorrenza, facente quasi sempre a capo al gruppo Repubblica-L'Espresso. Secondo la holding di De Benedetti, una celebre intervista pubblicata da Feltri e fatta ad un presunto carabiniere infiltrato nelle brigate rosse, riguardante il rapimento di Aldo Moro, sarebbe stata del tutto inventata.


Sono gli anni di mani pulite e Vittorio Feltri, interpretando il malumore della popolazione a seguito degli scandali politici che coinvolgono quasi tutta la classe dirigente italiana, assume la direzione del giornale "L'indipendente". Lo guida dal 1992 al 1994, trasformandolo da una testata in crisi ad una di successo, con oltre 120 mila copie vendute. Il giornale applaude apertamente anche le iniziative del pool di Milano, fiancheggiando l'attività di Di Pietro e del procuratore capo Borrelli, con articoli entusiastici e dichiaratamente di sostegno alle loro iniziative giudiziarie.


Nel novembre del 1994 poi, Feltri lascia la testata ma pubblica insieme con Furio Colombo il primo di una serie di libri, che si intitola "Fascismo e antifascismo", per l'editore Rizzoli.

Nel frattempo conosce Silvio Berlusconi il quale, verso la fine del 1994, con l'uscita di scena di Indro Montanelli, lo chiama a dirigere il quotidiano "il Giornale". A livello formale, la chiamata è dell'editore Paolo Berlusconi, fratello dell'allora Presidente del Consiglio. In quattro anni di direzione, il giornalista bergamasco raddoppia le vendite, che si attestano sulle 250.000 copie. Sono anni importanti per Vittorio Feltri, in cui è spesso chiamato in causa nei dibattiti televisivi, oltre che in collaborazioni di vario tipo, come quelle su "Panorama", su "Il Foglio" di Giuliano Ferrara e sul quotidiano romano "Il Messaggero".


La sua spregiudicatezza però, valida a ritemprare le vendite e portavoce di un elettorato di centrodestra, gli attira anche alcune condanne. Le querele che colleziona sono ben 35 e quasi tutte ricavate negli anni di direzione de "Il Giornale", dal 1994 al 1997. Proprio nel mese di giugno del 1997, Feltri viene condannato in primo grado dal tribunale di Monza, insieme con il giornalista Gianluigi Nuzzi, per diffamazione a mezzo stampa nei confronti di Antonio Di Pietro: la condanna verrà poi annullata in primo grado. L'anno dopo, sul suo stesso foglio, il direttore deve smentire quanto scritto dichiarando che le pubblicazioni contro il pool milanese erano da intendersi a "scopo elettorale". Un mese dopo la smentita, a dicembre, lascia la direzione de "Il Giornale" e assume la guida de "Il Borghese", della famiglia Longanesi. Ma qui, per la prima volta, il progetto non decolla.


Il 1999 è un anno altrettanto ricco di iniziative per Feltri. Assume l'incarico di direttore editoriale del Gruppo Monti-Riffeser e, contemporaneamente, quella del "Quotidiano Nazionale", comprendente anche i giornali "Il Resto del Carlino", "La Nazione" e "Il Giorno".


Il 18 luglio 2000 Vittorio Feltri fonda "Libero", quotidiano che si dichiara indipendente e di orientamento liberale e conservatore, inizialmente sostenuto economicamente dalle associazioni di stampo monarchico. È, questa, forse la sua più grande impresa. Feltri è sia direttore che editore e lo guida per nove anni, dando voce ad un pubblico di lettori di destra ma senza lesinare critiche alla classe dirigente vicina al giornale, con attacchi spregiudicati, talvolta irriverenti e gergali.


I lettori sono dalla sua parte e in pochi anni passano da 70.000 a 220.000. Il 21 novembre dello stesso anno di nascita del "quotidiano verde" però, il direttore viene radiato con decisione unanime dal Consiglio dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia, a causa di un reportage con sette fotografie lesive per la dignità dei minori e riguardanti un'inchiesta incentrata sulla pedofilia.

Tre anni dopo, l'ordine di Roma gli annulla il provvedimento, convertendolo in censura. In questi anni a "Libero", Feltri colleziona altre condanne da parte dei tribunali, alcune per articoli ed inchieste fatte in precedenza, quando era alla direzione de "Il Giornale". Come quella del gennaio 2003 comminata dal tribunale di Roma e che lo vede coinvolto insieme al giornalista Paolo Giordano in un'intervista fatta al cantautore Francesco De Gregori e datata 1997. Il quotidiano avrebbe travisato il pensiero del cantante in merito all'ex segretario comunista Togliatti e al suo partito.


Tre anni dopo, nel 2006, è condannato dal giudice monocratico di Bologna ad un anno e sei mesi di carcere per diffamazione nei confronti del senatore Gerardo Chiaromonte, coinvolto, stando ad un articolo risalente ai tempi del "Quotidiano Nazionale", nel cosiddetto dossier Mitrokhin.


Intanto, nel 2004, Feltri firma il suo secondo libro, "Cento anni della nostra vita visti da Vittorio Feltri 1905-2004", scritto con il collega Renato Farina e pubblicato da De Agostini. Nemmeno due anni dopo scrive "I presidenti d'Italia", sempre per De Agostini.


Il 2 luglio del 2007 Feltri è assolto dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione dall'accusa di diffamazione nei confronti dell'ex magistrato Gherardo Colombo. Il pezzo in questione risale ai tempi de "Il Giorno" e ha a che fare con il pool di mani pulite. Un mese dopo però, il direttore di "Libero" subisce l'ennesima condanna insieme a Francobaldo Chiocci e alla società Europea. Secondo la Corte di Cassazione devono versare un risarcimento di 45 mila euro in favore di Rosario Bentivegna, paragonato, da Vittorio Feltri, ad Erich Priebke.


È in questo stesso anno che Feltri passa l'incarico di direttore responsabile di "Libero" al collega Alessandro Sallusti, andando a sua volta a ricoprire il ruolo di direttore editoriale. Sempre nel 2007, il vicedirettore Renato Farina, inseparabile collega di Feltri, viene radiato dall'Ordine dei Giornalisti per avere collaborato con i Servizi segreti italiani fornendo informazioni e pubblicando su "Libero" notizie in cambio di denaro.


Tra il 2007 e il 2008, Feltri pubblica le due edizioni del libro "Sfacciati. Le caricature e gli sberleffi di Libero" e il discusso "Sesso, potere e intercettazioni ai tempi del Cav", scritto con la parlamentare Daniela Santanchè.


Il 21 agosto 2009 il giornalista lombardo assume per la seconda volta la direzione de "Il Giornale", subentrando a Mario Giordano e dirigendo subito una dura campagna contro il direttore de "L'Avvenire" Dino Boffo, che in questi mesi non ha lesinato critiche per Berlusconi e per gli scandali sessuali che lo riguardano. Le accuse del quotidiano di proprietà di Berlusconi sono di molestie sessuali e nonostante vi siano documenti di dubbia autenticità, costringono Boffo alle dimissioni.


Il 25 marzo 2010 il Consiglio dell'ordine dei Giornalisti della Lombardia sospende Vittorio Feltri dall'albo professionale per sei mesi, quale sanzione per il caso Boffo. Il 24 settembre del 2010 Feltri lascia il proprio posto al collega Alessandro Sallusti e diventa direttore editoriale de "Il Giornale". Due mesi dopo, l'Ordine dei giornalisti gli riduce a tre mesi la sospensione comminatagli per il "caso Boffo" e a dicembre, a sorpresa, Feltri lascia definitivamente "Il Giornale" per assumere nuovamente il ruolo di direttore editoriale della sua vecchia creazione, il quotidiano "Libero". Con lui, a fungere da direttore responsabile, c'è Maurizio Belpietro. I due giornalisti hanno acquistato il 10% ciascuno della società editrice e dispongono della piena gestione del giornale.


In questi ultimi mesi del 2010, pubblica insieme con Stefano Lorenzetto il libro "Il vittorioso", edito da Marsilio e riguardante la storia della sua carriera professionale e di vita.


ultimo aggiornamento: 21/03/2011


Fotografie di Vittorio Feltri


 

Oggi, lunedì 25 giugno 2018 • S. Guglielmo, S. Eurosia, S. Leno, S. Prospero

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