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Natalia Ginzburg
Raccontare il dolore
Natalia Ginzburg (nata con il nome Natalia Levi) nasce a Palermo il 14 luglio 1916. Il padre è il celebre scienziato ebreo Giuseppe Levi e la madre è la milanese Lidia Tanzi. Il padre, oltre a essere un grande scienziato (tra i suoi allievi illustri ricordiamo Rita Levi-Montalcini), è anche un professore universitario che condivide gli ideali antifascisti. Per la loro opposizione al regime fascista, Giuseppe Levi e i suoi tre figli maschi, vengono arrestati e processati.
Natalia quindi trascorre la sua infanzia in un'epoca difficile, la quale è caratterizzata dall'affermazione del regime fascista al potere e dall'emarginazione della popolazione ebraica. La giovane cresce in un ambiente culturale e intellettuale antifascista e si abitua presto ai continui controlli che la polizia fascista effettua nella sua abitazione. In tenera età assiste dunque anche all'arresto del padre e dei suoi fratelli.
Nell'infanzia viene istruita a casa, ricevendo un'educazione elementare attraverso delle lezioni private. In età adolescenziale frequenta il liceo classico e, dopo aver finito gli studi, segue dei corsi di letteratura universitaria, che presto però abbandona. All'età di diciotto anni, non avendo portato a termine gli studi accademici, inizia a dedicarsi alla sua attività letteraria, scrivendo il racconto "I bambini", che viene pubblicato nel 1933 nella rivista Solaria. Quattro anni dopo traduce anche l'opera francese di Marcel Proust, "La ricerca del tempo perduto".
Nel 1938 si unisce in matrimonio con l'intellettuale Leone Ginzburg. Dal loro matrimonio nascono tre figli: Andrea, Alessandra e Carlo. In questi anni stringe buoni rapporti d'amicizia con molti esponenti dell'antifascismo torinese e ha forti legami con la casa editrice piemontese Einaudi, di cui il marito è il cofondatore; questi, con Einaudi, pubblica numerose sue opere di letteratura russa, materia che insegna in qualità di docente universitario.
Due anni dopo il marito viene condannato all'esilio per motivi politici e razziali, per cui Natalia e i figli lo seguono a Pizzoli, in Abruzzo. In questo periodo la scrittrice realizza un nuovo testo con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte intitolato "La strada che va in città".
Il loro trasferimento forzato finisce nel 1943. L'anno dopo Leone Ginzburg viene nuovamente arrestato per editoria clandestina, attività portata avanti insieme alla moglie, e imprigionato nel carcere romano di Regina Coeli. Dopo aver subito continue e atroci torture, Leone muore nello stesso anno. Questo evento drammatico è molto doloroso per Natalia che deve farsi forza e crescere da sola i suoi tre bambini.
Dopo aver lasciato Roma torna in Piemonte, a Torino, dove inizia a lavorare per Einaudi. Nello stesso anno la casa editrice piemontese pubblica anche il suo romanzo, che è stato realizzato pochi anni prima. In Piemonte la raggiungono anche i suoi genitori e i suoi figli che, nel periodo dell'occupazione nazista hanno trovato riparo in Toscana.
Nel 1947 scrive un nuovo romanzo, "E' stato così", in cui racconta i momenti difficili che ha dovuto affrontare sotto il regime di Mussolini. Questo testo letterario riceve anche l'importante premio Tempo. Tre anni dopo sposa Gabriele Baldini, docente universitario di letteratura inglese e direttore dell'Istituto Italiano di Cultura avente sede a Londra. Dalla loro unione nascono due bambini, Susanna e Antonio, che purtroppo ben presto presentano problemi di salute.
Con il marito e i figli si trasferisce a Roma dove continua a dedicarsi all'attività letteraria, approfondendo in particolar modo il tema della memoria, legata alla sua terribile esperienza sotto il regime fascista, e a quello della famiglia. Sempre in questo periodo collabora per un importante progetto, il "Politecnico", una rivista per studenti e lavoratori. Inoltre è proprio in questi anni che stringe un grande rapporto d'amicizia con un altro importante scrittore italiano, Cesare Pavese.
Tra il 1952 e il 1957 la produzione letteraria di Natalia Ginzburg è intensa; tra i suoi testi si ricordano: "Tutti i nostri ieri", "Valentino", con cui vince anche l'importante premio Viareggio, e "Sagittario". Negli anni Sessanta pubblica anche altri romanzi come "Le voci della sera", "Cinque romanzi brevi", "Le piccole virtù" e il celebre "Lessico famigliare", in cui descrive episodi di vita quotidiana della sua famiglia natale; il padre Giuseppe è il personaggio principale del romanzo.
La scrittrice, con una sottile ironia e provando affetto per la propria famiglia, descrive con attenzione tutte le vicende che fanno da contorno al suo contesto familiare. All'interno del romanzo, oltre alla figura del padre, menziona anche la madre e i suoi tre fratelli, ricordati più volte a causa del loro arresto e della loro prigionia.
Il romanzo racconta anche la drammatica morte del suo primo marito Leone Ginzburg nel carcere di Regina Coeli, l'ingiusta persecuzione degli ebrei italiani, il suicidio da parte dello scrittore Cesare Pavese. Con quest'opera, nel 1963, ottiene anche il premio Strega.
L'anno seguente debutta al cinema interpretando un ruolo nel film diretto da Pier Paolo Pasolini, "Il Vangelo secondo Matteo".
Sei anni dopo, in seguito alla morte del secondo marito e dopo la grave strage di Piazza Fontana, inizia a impegnarsi in ambito politico, appoggiando ideali di sinistra. Si interessa alle vicende politiche e culturali dell'Italia, fortemente colpita in questo periodo da eventi drammatici che prendono il nome di "strategia della tensione".
Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta traduce un'altra opera di Marcel Proust, "La strada di Swann" e scrive numerosi romanzi, tra cui si ricordano: "Mai devi domandarmi", "Vita immaginaria", "Caro Michele", "Famiglia", "La città e la casa" e "La famiglia Manzoni".
L'autrice si dedica anche alla realizzazione di due commedie: "Ti ho sposato con allegria" e "Paese di mare". Oltre all'attività letteraria, continua a militare in ambito politico e nel 1983 viene eletta come esponente del Partito Comunista all'interno del Parlamento italiano.
Dopo aver finito di tradurre "Una vita", romanzo scritto dall'autore francese Guy de Maupassant, Natalia Ginzburg muore nella notte tra il 6 e il 7 ottobre 1991, all'età di 75 anni.
Natalia quindi trascorre la sua infanzia in un'epoca difficile, la quale è caratterizzata dall'affermazione del regime fascista al potere e dall'emarginazione della popolazione ebraica. La giovane cresce in un ambiente culturale e intellettuale antifascista e si abitua presto ai continui controlli che la polizia fascista effettua nella sua abitazione. In tenera età assiste dunque anche all'arresto del padre e dei suoi fratelli.
Nell'infanzia viene istruita a casa, ricevendo un'educazione elementare attraverso delle lezioni private. In età adolescenziale frequenta il liceo classico e, dopo aver finito gli studi, segue dei corsi di letteratura universitaria, che presto però abbandona. All'età di diciotto anni, non avendo portato a termine gli studi accademici, inizia a dedicarsi alla sua attività letteraria, scrivendo il racconto "I bambini", che viene pubblicato nel 1933 nella rivista Solaria. Quattro anni dopo traduce anche l'opera francese di Marcel Proust, "La ricerca del tempo perduto".
Nel 1938 si unisce in matrimonio con l'intellettuale Leone Ginzburg. Dal loro matrimonio nascono tre figli: Andrea, Alessandra e Carlo. In questi anni stringe buoni rapporti d'amicizia con molti esponenti dell'antifascismo torinese e ha forti legami con la casa editrice piemontese Einaudi, di cui il marito è il cofondatore; questi, con Einaudi, pubblica numerose sue opere di letteratura russa, materia che insegna in qualità di docente universitario.
Due anni dopo il marito viene condannato all'esilio per motivi politici e razziali, per cui Natalia e i figli lo seguono a Pizzoli, in Abruzzo. In questo periodo la scrittrice realizza un nuovo testo con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte intitolato "La strada che va in città".
Il loro trasferimento forzato finisce nel 1943. L'anno dopo Leone Ginzburg viene nuovamente arrestato per editoria clandestina, attività portata avanti insieme alla moglie, e imprigionato nel carcere romano di Regina Coeli. Dopo aver subito continue e atroci torture, Leone muore nello stesso anno. Questo evento drammatico è molto doloroso per Natalia che deve farsi forza e crescere da sola i suoi tre bambini.
Dopo aver lasciato Roma torna in Piemonte, a Torino, dove inizia a lavorare per Einaudi. Nello stesso anno la casa editrice piemontese pubblica anche il suo romanzo, che è stato realizzato pochi anni prima. In Piemonte la raggiungono anche i suoi genitori e i suoi figli che, nel periodo dell'occupazione nazista hanno trovato riparo in Toscana.
Nel 1947 scrive un nuovo romanzo, "E' stato così", in cui racconta i momenti difficili che ha dovuto affrontare sotto il regime di Mussolini. Questo testo letterario riceve anche l'importante premio Tempo. Tre anni dopo sposa Gabriele Baldini, docente universitario di letteratura inglese e direttore dell'Istituto Italiano di Cultura avente sede a Londra. Dalla loro unione nascono due bambini, Susanna e Antonio, che purtroppo ben presto presentano problemi di salute.
Con il marito e i figli si trasferisce a Roma dove continua a dedicarsi all'attività letteraria, approfondendo in particolar modo il tema della memoria, legata alla sua terribile esperienza sotto il regime fascista, e a quello della famiglia. Sempre in questo periodo collabora per un importante progetto, il "Politecnico", una rivista per studenti e lavoratori. Inoltre è proprio in questi anni che stringe un grande rapporto d'amicizia con un altro importante scrittore italiano, Cesare Pavese.
Tra il 1952 e il 1957 la produzione letteraria di Natalia Ginzburg è intensa; tra i suoi testi si ricordano: "Tutti i nostri ieri", "Valentino", con cui vince anche l'importante premio Viareggio, e "Sagittario". Negli anni Sessanta pubblica anche altri romanzi come "Le voci della sera", "Cinque romanzi brevi", "Le piccole virtù" e il celebre "Lessico famigliare", in cui descrive episodi di vita quotidiana della sua famiglia natale; il padre Giuseppe è il personaggio principale del romanzo.
La scrittrice, con una sottile ironia e provando affetto per la propria famiglia, descrive con attenzione tutte le vicende che fanno da contorno al suo contesto familiare. All'interno del romanzo, oltre alla figura del padre, menziona anche la madre e i suoi tre fratelli, ricordati più volte a causa del loro arresto e della loro prigionia.
Il romanzo racconta anche la drammatica morte del suo primo marito Leone Ginzburg nel carcere di Regina Coeli, l'ingiusta persecuzione degli ebrei italiani, il suicidio da parte dello scrittore Cesare Pavese. Con quest'opera, nel 1963, ottiene anche il premio Strega.
L'anno seguente debutta al cinema interpretando un ruolo nel film diretto da Pier Paolo Pasolini, "Il Vangelo secondo Matteo".
Sei anni dopo, in seguito alla morte del secondo marito e dopo la grave strage di Piazza Fontana, inizia a impegnarsi in ambito politico, appoggiando ideali di sinistra. Si interessa alle vicende politiche e culturali dell'Italia, fortemente colpita in questo periodo da eventi drammatici che prendono il nome di "strategia della tensione".
Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta traduce un'altra opera di Marcel Proust, "La strada di Swann" e scrive numerosi romanzi, tra cui si ricordano: "Mai devi domandarmi", "Vita immaginaria", "Caro Michele", "Famiglia", "La città e la casa" e "La famiglia Manzoni".
L'autrice si dedica anche alla realizzazione di due commedie: "Ti ho sposato con allegria" e "Paese di mare". Oltre all'attività letteraria, continua a militare in ambito politico e nel 1983 viene eletta come esponente del Partito Comunista all'interno del Parlamento italiano.
Dopo aver finito di tradurre "Una vita", romanzo scritto dall'autore francese Guy de Maupassant, Natalia Ginzburg muore nella notte tra il 6 e il 7 ottobre 1991, all'età di 75 anni.
ultimo aggiornamento: 26/05/2011
Oggi, giovedì 14 luglio 2016 • S. Deotilla, S. Camillo de Lellis
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